Nel giardino di casa Dalbono a Portici

Sul retro:

in alto, a matita blu reca la scritta: “16[…] e, STV/443“, con cartellino a stampa della Galleria Pesaro di Milano;

sotto, timbro dell’Esposizione Postuma delle opere dell’Artista tenutasi nel 1921 presso la Galleria Pesaro, con firma a matita di Lino Pesaro;

due timbri della Galleria Parronchi.


Autore: Edoardo Dalbono (Napoli 1841 – Napoli 1915)

Titolo: Nel giardino di casa Dalbono a Portici    

Datazione: 1875 ca.                                        

Tecnica: olio su tavola

Dimensioni: cm. 29 x 17

Firmato in basso a destra: E. Dalbono


Edoardo Dalbono – cenni biografici

Eduardo (o Edoardo) Dalbono era figlio di Carlo, critico d’arte e di Virginia Carelli, ed era nipote di Cesare Dalbono. I familiari lo stimolarono a studiare letteratura di età romantica, ad amare musica e ad approfondire temi di storia dell’antichità e del folclore napoletano. La sua formazione artistica avvenne nell’ambito del movimento verista napoletano, noto come Scuola di Resìna, cui avevano aderito Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli e Filippo Palizzi, che gli diede lezioni private.

Dipinse vedute col Vesuvio e il gruppo di famiglia Sulla terrazza, in cui il paesaggio urbano – rappresentato dai tetti di Napoli – è lo sfondo di una gradevole scena borghese ottocentesca.

Nel 1866 partecipò ad un concorso con la tela Scomunica di re Manfredi, esposta poi alla Società promotrice di belle arti di Napoli nel 1868, quindi all’Esposizione nazionale di belle arti di Parma nel 1870. Nel 1871 presentò alla Società promotrice Leggenda della Sirena (o Mito di Partenope).

Si recò a Parigi, dove rimase per un periodo di quattro anni, interrotto da brevi soggiorni a Napoli. Ebbe il sostegno del mercante d’arte parigino Adolphe Goupil, che conobbe attraverso Giuseppe De Nittis.

Nel 1897 divenne professore di pittura al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli ed ebbe come allievo Roberto Carignani. Nel 1905 fu nominato curatore della Pinacoteca del Museo nazionale di Napoli – attuale quadreria del Museo nazionale di Capodimonte.

Praticava la pittura all’aria aperta e amava cogliere giochi di luce nelle ore dell’alba. Le sue fantasiose scene di genere, dipinte entro soffuse atmosfere, risultavano pregne di poesia. Eseguì decorazioni (poi perdute) in ville e palazzi napoletani e tempere su muro per il teatro municipale di Salerno, con elementi simbolici delle quattro parti del mondo. Dipinse pale d’altare per la chiesa di Santa Maria di Piedigrotta, a Napoli e per una chiesa di Gragnano. Collaborò con disegni a l’Illustrazione italiana e alla rivista parigina Le Grand monde.

Ultimo aggiornamento

14 Ottobre 2024, 13:02