La Zecca di Correggio nella Collezione Lusuardi
Acquistata dal Comune di Correggio nel 2007, la Collezione Lusuardi (che prende il nome dal collezionista Arturo Lusuardi che l’ha formata in decenni di ricerche) costituisce, con gli oltre ottanta pezzi che la compongono, una delle principali raccolte (pubbliche e private) italiane delle monete coniate dalla zecca di Correggio.
Una zecca attiva per circa un sessantennio, durante il quale furono coniate decine di tipo diversi di monete (in oro, argento, mistura e rame), sovente anche di pregio estetico e buona qualità complessiva.
Concessa dall’imperatore Ferdinando I a Gerolamo, Giberto, Camillo e Fabrizio da Correggio nel 1559, fu effettivamente aperta un decennio più tardi, il 4 giugno (festa di San Quirino, Patrono della città) del 1569 ed affidata alle cure di un professionista di rango e sicuro affidamento: il reggiano Giovanni Antonio Signoretti, zecchiere a Reggio Emilia e a Novellara.
Ebbe così inizio una storia tormentata, dove i periodi di numerose ed ottime emissioni furono sempre più frequentemente intercalati da altri in cui la zecca era costantemente al centro di spiacevoli problemi e contenziosi giudiziari dovuti alla spregiudicatezza degli zecchieri che non esitavano a coniare monete false o calanti di valore.
Cinque sono i periodi in cui si possono suddividere le emissioni correggesi:
- primo periodo (1569 – 1580): monete anonime dei conti Gerolamo, Giberto, Camillo e Fabrizio, con emissioni in oro, argento e mistura;
- secondo periodo (1580 – 1597): monete dei conti Camillo e Fabrizio, con emissioni in oro,a argento e rame;
- terzo periodo (1597 – 1605): monete del conte Camillo, con emissioni in oro,argento e mistura;
- quarto periodo (1605 – 1616): monete di Siro al titolo di conte, con emissioni in oro, mistura e rame;
- quinto periodo (1616 – 1630): monete di Siro al titolo di principe, con emissioni in oro e argento.
Nel 1630 venne rispolverata una vecchia accusa mossa al principe Siro di adulterazione di moneta imperiale, che sfociò nell’imposizione di una multa di 300.000 (poi ridotti a 230.000) fiorini e nella contestuale perdita del feudo che nel 1635 entrò definitivamente a far parte del Ducato di Modena e Reggio.
Nella prima fila possiamo notare un esempio della qualità raggiunta dalle prime monete correggesi : la doppia d’oro, del valore di due scudi, di cui vengono mostrati il recto con l’arme della famiglia e il verso con la Vergine e il Bambino. Fu coniata nel primo periodo attività, tra il 1569 e il 1580 e non riporta i nomi dei conti di Correggio.
Camillo da Correggio è stato l’ultimo della sua famiglia a battere monete d’oro. Nelle specifico possiamo notare a lato l’ongaro, a imitazione di un’analoga moneta battuta per l’Ungheria nella zecca di Kremnitz. Del valore di 6 lire e 10 soldi (contro 7.4 dell’originale), presenta nel diritto il Camillo di fronte, in armatura, con la sinistra sulla spada e la destra che regge il bastone del comando.
Queste monte sono dette anche “ongari bragoni” per i larghi calzoni alla moda che il conte indossa.
Nel rovescio possono comparire lo stemma della famiglia, la Beata Vergine con il Bambino o l’aquila bicipite coronata e a volo spiegato.
Quest’ultima è invece una delle monete più curiose ed enigmatiche tra quelle coniate dalla zecca di Correggio, sia nel diritto che, soprattutto, nel rovescio.
Il ritratto di Siro è accompagnato da una legenda dove compare DNS per Dominus, Signore: perchè non Comes o Princeps? Nel retro un cuore è trafitto da quattro frecce in una curiosa posizione. Anche la legenda che vi compare solleva numerosi problemi: SIGNAT GRATIOSA NOM. Un vero rebus che numerosi studiosi hanno interpretato in modi del tutto differenti.
Si è pensato a un messagio lanciato da Siro quando gli vennero lanciate accuse di illegittimità nel 1612, oppure nel 1623, quando vennero solletave le prime contestazioni sulla zecca. Ugo Bizzarri ha riconosciuto nella disposizione delle frecce il monogramma AN, iniziali di Anna Pe(l)oni o Pennoni, sposata segretamente da Siro il 3 febbraio 1621.
Abbiamo quindi, a seconda dell’ipotesi che si abbraccia (le prime due contrastano non poco con le prassi del tempo, come pure la scelta di una moneta di piccolo conto anzichè una di ostentazione), un cuore dolente o un cuore festante.
Della moneta è ignota anche la data di coniazione: al tempo di Siro Principe (1617-1630) oppure di Siro Conte (1605-1616). Oggi si propende per la seconda data.
Ultimo aggiornamento
3 Agosto 2022, 18:39